Monologo (durata 1:10′) portato in scena nell’inverno 2006 nella formula “uno spettatore, un attore, una storia”
Piero è morto con stampato in faccia un sorriso “come di superiorità, di menefreghismo nei confronti di tutto e tutti”. Accompagnato da un pittoresco impiegato dell’Ufficio Aldilà, percorre il lungo corridoio che lo separa dalla stanza del suo giudice, “un corridoio bianco e lungo, lunghissimo, del quale addirittura sembrava non vedere la fine e che si perdeva in un’abbagliante foschia”. Durante il tragitto ripensa alla sua vita, cercando scuse o attenuanti per ogni comportamento scorretto, cercando di prevedere in anticipo le domande che gli saranno poste.
Non fa i conti però con il quesito più importante: Chi è il suo giudice? è solo quando lo guarderà negli occhi che Piero si toglierà da faccia il sorriso e comincerà ad aver paura.
“Che poi dice: la paura di Piero” ha il chiaro intento di fare l’apologia della generazione X ed al contempo la diffamazione dei singoli individui che la compongono.
Nel 2007 partecipa al festival internazionale Mercanti a Certaldo nella sezione Affabulatori.